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Le vie d'uscita, il secondo giorno (Una Giornata Mondiale)



"Oggi ho vissuto la mia Giornata Mondiale, imprevista, per niente scontata e banale. E' quasi impossibile distillare i miei pensieri in versi, ma mi sforzo su questo foglio da ieri e, sognando tutta la notte, ho scritto quando tutti erano dormienti, persi. Le rime sono lontane, ma il mio cuore furiosamente batte, sorride, respira, si affanna e combatte. Non so se continuare la penna mi riscalda, mi consola col suo tepore, mi esorta a vivere nella bellezza e nel colore. Proscrive la mia anima nuda, relegandola su quest'isola diafana, sperduta e bisognosa d'indulgenza. Questa energica penna mi costringe ad intingere nella mia purezza, a versare ancora inchiostro per dipingere la mia felicità, quasi la mia incredulità, su quella tela meravigliosa che è stata la mia, la mia "GIORNATA MONDIALE"

Scrive Donato. Sarà sempre così da oggi in poi: arriviamo e loro ci inondano di parole, i loro tentativi di scavo. Il filo della poesia ci tiene uniti, noi continuiamo a restare dentro  quando andiamo via e loro vengono fuori, in "libera" uscita. 

10 Maggio
Un freddo che non accetti la data sentenzia primavera, la pioggia si intrufola fin nelle mutande, l'ombrello lo chiudo, la giacca e i jeans, i piedi e i capelli son tutti bagnati.
Non affretto il  passo però, non sento né il vento né l'acqua, ma solo l'amore, l'affetto, la cura dei versi.  Quelle due ore, che impazienti attendono di rincominciare e che nel frattempo vorrei fermare per fissare tutto, lo sguardo, il sorriso, e tutte quelle parole che non escono ancora, rinchiuse dentro più dentro, che spingono e cercano una strada, una via d'uscita.

Ripasso il giorno, mentre qualcuno ha nello sguardo esplicita la domanda "Ma quella è scema?"
Gioconda, incornicio in un sorriso enigmatico i pensieri e non mi meraviglio se si vedono tutti. Concedo me stessa, devo dare sempre di più, sfondare le porte, spingere andando in basso, diventare tutt'una con il pavimento dell'anima mia, per trovare l'inizio, il primo pianto, l'anno zero, per essere un punto e a capo e capire cos'è, cosa può capitare ad ognuno di noi, cos'è l'errore? la colpa? la giustizia?
Stamane non abbiamo un passaggio e piove, senza imbarazzo. L'organizzazione prevede appuntamenti in posizione strategica. Ripasso i versi scritti a mano, il passo svelto e claudicante si dà un tono femminile e grintoso negli stivali a punta, nostalgica custodisco anche "l'infinito": il tempo che passa, il passato e il presente, lo spazio piccolo ed eterno che naufraga dolcemente nel mare. Melodie e carezze, passa la voglia che ho? Il desiderio della mia utopia di cambiare il mondo è sempre più pretenzioso, la presunzione che una parola, un verso riescano a travolgere e sconvolgere le vite e farle fiorire nei luoghi aridi e privi di respiro e vento. Diventa bellezza tra le mura
"Sii tu il fiore sulla roccia". Divago.
Riprendo le fila, sottobraccio a Maria che insiste, cacciando il meteo invernale con sandali estivi e vestiti leggeri. Pozzanghere e lavori in corso rendono ostile il nostro percorso.
L'ombrello minuto e leggero segue il vento e ripara l'aria di pioggia. Giungiamo infangate al bar. Un tavolo sotto il tendone ci sembra il posto ideale per affrettarsi a ricopiare una poesia che lunga freme per essere donata ai nostri allievi. Ora si scopre il tendone. Ridiamo. Vorremmo una foto che fermasse questa immagine di noi, zuppe d'amore e d'acqua, a dettare e a scrivere versi, mentre tuona e lampeggia, macchine al semaforo impazzano per farsi spazio nell'ora di punta.
Ridiamo, beviamo il caffè che non ha aroma.
Ora corriamo tra le auto, un autobus blu e un autocarro. Ci infiliamo ridendo ancora nella macchina amica che porta i poeti in prigione.
È una storia di infinita bellezza. Per il dolore misto alla gioia di esserci, alle risate, alle lacrime espresse a quelle nascoste, agli sguardi profondi, ai sorrisi, alla tristezza celata che inonda la stanza di parole e poesia, di lettere, di fogli a righe e a quadretti, scritture ordinate, perfette, che prendono tempo.
A casa poi mi butto sul letto, gatti, fogli e libri riempiono lo spazio del materasso gigante. Vorace incomincio la lettura. Sorrido, piango, rido, penso, ripenso, rifletto, fletto le gambe, mi muovo nervosa. Avrei potuto dire, avrei potuto dare. Gli avanzi di un giorno che ha tutto davanti per non farmi fermare. Guardo in alto, intorno, in basso. Adesso mi chiedo e li vedo in branda a scrivere sogni, parole di incanto, di pianto e dolore. Scandite le ore non conosco i tempi di attesa, non immagino quanto possa essere assurdo trascorrere il tempo nel nulla assoluto, cosa la mente archivia e pensa. Io dormo, tranquilla.



Una lettera sul cuore

Sdraiato sulla branda
con lo sguardo al cielo
E' il soffitto scorticato
recito parole d'incanto
per prosciugare il pianto.
Seduto come me
scegli l'alfabeto del primo giorno
il battesimo del cuore.

Ci unisce la libertà dell'unico pensiero
nudi
senza alcun pudore
umanità di errori
rammarico e rimpianto
Mentre il futuro impaziente
aspetta
la primavera in fiore.

Ripasso ogni istante
la luce bianca nei passi
tremolanti
cancelli e porte chiuse
Sarò essenza
ritorno alla natura
Spoglia di ogni dolore
intrisa di paura
avrò i colori, gli occhi dentro gli occhi
Vicini e puri
passo dopo passo
lascio i miei vestiti,
la casa in riva al mare,
Maria
che apre la finestra.
Il vento sospinge lontano
le fragili opinioni
il soffio dei respiri.
E' un film
dettagli di passaggio
Evado in una cella.



© Tutti i diritti riservati – d’Elia 2019







Le vie d'uscita, il racconto (parte prima)

Mi spostavo tra le stanze, trascinando a malincuore i piedi con  l' assenza di entusiasmo tipica per i servizi di casa. Alleggerivo l'incombenza cantando a squarciagola le canzoni della play list. Nel frattempo l'automatica operazione veniva accompagnata da un miliardo di pensieri, associazioni freudiane o pragmatismi necessari: "scade la bolletta del gas e della luce", "che faccio da mangiare?" e cose così.
La stagione era l'autunno, per il mondo intero. Ma da noi in Puglia, senza esagerazioni alcuna, era estate, di quelle però che desidereremmo anche a luglio e ad agosto invece di come sono ormai le estati, torride e senza scampo che ci sfiancano e spesso far desiderare di morire!
"Morire di caldo!", altro che  modo di dire, qui in quella stagione è il mantra della maggior parte di noi, i restanti sono già morti e non hanno più niente di cui lamentarsi. 
Fu proprio allora tra una energica pulizia allo specchio del bagno e la trepidante attesa per il suo splendore che mi raggiunsero le note della canzone di Dalla, nell'interpretazione della Mannoia "La casa in riva al mare"! La capacità di Lucio di prenderci per mano e mostrarci la scena che si dipana alla nostra vista fu per me una folgorazione. Mollai scope, stracci e sgrassatori e corsi al computer per scrivere quello che sarebbe diventato  il progetto per i detenuti della Casa Circondariale di Foggia : Le vie d'uscita: la poesia e l'arte! 

https://www.youtube.com/watch?v=QWlY6KaQVEc

"La poesia rende liberi, conforta, consola. Apre le porte sigillate dell’anima; la potenza della poesia può raggiungere chiunque e stravolgere, rivoluzionando, i percorsi di vita.
                 L’idea è quella di far conoscere ai partecipanti i poeti antichi e quelli contemporanei; di portare la poesia dentro e di farla uscire fuori dalle loro anime, attraverso un vero e proprio laboratorio di scrittura creativa dedicato ai versi, al fraseggio, alla composizione di rime e di componimenti poetici." 

Scrivevo così  per presentare il progetto, dopo l'approvazione di Lisa Graziano, giornalista e autrice del libro "Colpevoli" nonché nocchiera personale per farci raggiungere la sponda della prigione. all'assessore alla cultura del comune la "famosa" Anna Paola Giuliani, sensibile ed entusiasta amministratrice, che sposò senza indugi l'operazione.
Quando si presenta un progetto in carcere devi fare appello alle tue doti di veggente e prevedere il futuro, niente deve essere lasciato al caso, devi specificare ogni cosa o persona necessaria alla realizzazione, devi pensare a tutto e lo devi fare prima. Poi devi armarti di pazienza e attendere le autorizzazioni del magistrato preposto. 

Esattamente dopo 6 mesi, avemmo l'autorizzazione. Quello che segue è il racconto degli incontri o se volete il diario di quelle che furono le nostre emozioni. Ve lo proporrò un po' per volta, 
Propendo per l'uscita settimanale e domenicale e poi mi farebbe molto piacere se vorrete scrivere qualcosa in proposito, le vostre impressioni, le vostre emozioni.

Iniziamo
7 maggio 2019
Il primo giorno. La prima volta. Lo stomaco si contorce. Come mi vesto? Che cosa dirò?
Ho convocato i poeti e ci siamo riuniti domenica sera a casa, per parlare dell'impegno e di quale filo srotolare, da tenere in vista all'orizzonte per non perdersi o per non smarrire il sentiero.
Mi sposto per osservare. Tisane a scelta, brevi risate, contorni, brevi racconti. Scelgo i versi, quali da accompagnare e portare per dire chi sono, chi siamo, chi amo. Nina (Simone) e Nelson (Mandela) i miei gatti, ci girano intorno. Pietro, mio figlio chiuso in camera con un suo amico ignora consapevolmente quello che stiamo facendo, che cosa stiamo dicendo.
Lui adolescente contemporaneo preso e conteso tra la play station e la squadra del cuore, storce il naso alla poesia e all'arte.
Passa un giorno e arriva il mattino del giorno atteso.
Alfonso Graziano al portone, preparo borse e borsoni. Libri, pagine in versi e immancabile il cuore  gigante di velluto rosso, gli occhiali da "siccomechesonociecata", lo stetoscopio di Ciccio Bello. Avverto che sia importante l'intervento sapiente della Dottora Fantasia. Un po' tremo e l'ansia e i battiti al passo, mal celano l'emozione che ho. Di certo non so dargli un nome, felice o fremente, ambiziosa o angosciata, preoccupata e ingenua, compio quegli ultimi gesti prima di passare il varco della prigione.
Maria Del Vecchio ci aspetta puntuale davanti alla stazione, è un fiore all'orizzonte. L'inverno testardo non migra lontano, decisa a lanciargli il guanto di sfida indossa sandali, camicia e pantaloni leggeri. Anch'ella porta una pila di libri. Ci aspetta all'ingresso Lisa Graziano, che ha dispensato consigli preziosi in questi mesi per far approvare il progetto le Vie d'uscita: la poesia e l'arte. Ci siamo.
Arriva Anna Paola Giuliani, l'assessore. Tutto è nuovo nella vecchia strada del villaggio d'artigiani. Consumate le strade, le sterpaglie, la ruggine delle insegne che segnano il passaggio di un tempo che non torna più. Il degrado non è il protagonista, resta come da fondale alla scena. Si alzano a vista i cancelli automatici. Le guardie, l'accoglienza, i documenti, i pass, le chiavi. Lasciamo borse e telefoni. Mi concentro. Cerco di sentire e di fissare i momenti. Camminiamo a passo sicuro ma è solo apparenza. Ci diamo la mano, per conforto, per sentirci di più. Non parliamo. Ci mettiamo in tasca i rumori, gli odori, i suoni. Una manciata di uomini va al campo di calcio. Poi finalmente si giunge alla stanza assegnata. È fredda. Celeste. Alta. Entra il primo. Ma non lo capisco. È cosi bello, pulito, elegante. "È un Principe!" Mi sussurra all'orecchio Anna Paola e me lo ripete per altre due volte.
Ci sorridiamo e ci stringiamo le mani. Arriva un altro, gentile, educato, arrossisce e si siede impacciato. Ora sono in 5 in totale ma è solo l'inizio. Di nascosto ci teniamo per mano. Le voci rimbombano in questa stanza con la porta in metallo che ha l'ardire di cuori a colori nella parte di dentro.
Sono tutti educati, gentili. Si inizia leggendo la lettera che "il principe " ha scritto per l'occasione. Ringrazia la responsabile dell'area educativa la dottoressa Valentini, per questa opportunità, parla di emozione per questo primo giorno ed è felicemente sorpreso per l' opportunità.
Ci presentiamo. Diciamo chi siamo, che cosa facciamo, perché stiamo là. Chiediamo a loro di farlo, di dire quello che si aspettano o che cosa vorrebbero fare.
Donato (il principe) di Altamura, in carcere da 10 anni, gli resta ancora un po' da scontare, è il responsabile della biblioteca del penitenziario. Gli piace scrivere e leggere.
Antonio (di Ischitella) ha da scontare un anno e mezzo. È l'unico che ci racconta del motivo per cui sta dentro: si è preso la colpa per non far finire in carcere il fratello. Ha un'azienda con 30 dipendenti. Ha una moglie che ama e due bambini.
Poi c'è Cristian ha 28 anni, due figlie piccole, una tipografia a Bitonto. Luigi ne ha ancora di anni da scontare, a lui piace viaggiare e qui frequenta un corso di cucina. Poi Enzo il più anziano, 60 anni di cui 30 già trascorsi in prigione, sta solo a metà della pena.
Poi arriva lei la Dottora Fantasia e la tensione si scioglie, ridiamo, felici! 

Usciamo. Siamo un turbine informe di emozioni. L'unica che riesco a percepire e cogliere è quella incredibile sensazione di sentirmi "libera"! Libera di poter essere, senza forma precostituita. 
Dovevo andare in carcere per capirlo.